OLTRE IL TEMPO ...

Nuove frontiere per un approccio fisiologico alla gestione del cordone ombelicale e all’adattamento neonatale ...


Abbiamo bisogno di un cambio di paradigma.

Più di vent’anni fa, quando ho cominciato il mio percorso da ostetrica e già durante i primi anni da studentessa, ho dovuto fare i conti con il disagio di trovarmi ad assistere a interventi praticati, durante il travaglio e il parto, senza consenso né consapevolezza dei danni prodotti: episiotomie, posizioni forzate, trattamenti irrispettosi, taglio immediato del cordone ombelicale, separazione madre-neonato.

E’ stata dura.

Ora qualcosa sta cambiando nel mondo dell’ostetricia ma con una lentezza impressionante rispetto alla mole di interventi inutili e dannosi che il nostro modello di assistenza attuale sembra produrre, nel suo essere standardizzato e medicalizzato.

A questo punto sarebbe veramente necessario ripensare urgentemente e accuratamente al nostro modo di assistere le donne fin dall’inizio della gravidanza, consapevoli di quanto il singolo elemento più importante per una gravidanza sana sia un basso livello di stress cronico, associandolo a una corretta alimentazione e movimento. Sarebbe necessario ristrutturare profondamente il percorso nascita offrendo ad ogni donna continuità dell’assistenza e persone che conoscano bene la fisiologia e i bisogni delle donne in gravidanza e al parto.

Tutto questo richiede tempo e mobilitazione di risorse purtroppo, inoltre al momento attuale non sembra esserci né la volontà né la consapevolezza necessaria per attuarlo.

Eppure c’è qualcosa che possiamo fare da subito e a costo zero, qualcosa che garantirebbe a ogni neonato la migliore partenza possibile.

Nei miei anni da ostetrica mi sono dovuta confrontare con i miti e i rituali dell’ostetricia moderna, quasi tutti sono stati sfatati eppure durano a morire. In particolare quello del cordone ombelicale: vent’anni fa capitava di sentir dire da esimi professionisti che andava tagliato subito perchè altrimenti il bimbo non avrebbe potuto fare il primo respiro, che altrimenti avrebbe avuto l’ittero, che la madre avrebbe avuto un'emorragia, che il bambino avrebbe avuto un sangue troppo denso, che non si sarebbe potuta dare una buona assistenza al neonato. Quest’ultimo punto purtroppo è legato principalmente alla separazione di ruoli e responsabilità in Sala Parto, in uno stile di assistenza frammentario in cui il neonatologo deve prendere in carico il neonato che diventa immediatamente un paziente da visitare.

Nel tempo qualcosa è cambiato e si è cominciato a realizzare, solo dopo aver condotto studi clinici più o meno accurati, che forse si potevano aspettare da 1 a 3 minuti prima di clampare il cordone e che questo non avrebbe danneggiato il neonato né ci sarebbe stato un aumento di casi di ittero o un’assistenza meno efficace.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi che osano addirittura proporre di aspettare a clampare e tagliare il cordone ben sei-dieci minuti e dai quali si evince che non solo ciò non è dannoso ma addirittura migliora gli esiti, soprattutto per i neonati in difficoltà.

Ancora usiamo il vecchio linguaggio però, quello di chi deve dimostrare a suon di studi clinici, come anche per moltissimi altri interventi introdotti senza uno straccio di evidenza in particolare in ostetricia, che ogni neonato è diverso e ha un tempo di adattamento alla vita extrauterina suo personale. Si è finalmente arrivati ad ammettere che ritardare il clampaggio del cordone migliora il processo di adattamento, diminuisce i tassi di anemia neonatale, diminuisce il rischio di rianimazione compensativa iatrogena, non aumenta il rischio di ittero importante.

Credo che sia giunto il momento di cambiare radicalmente paradigma, sia dal punto di vista lessicale sia da quello di gestione anche su questo tema.

Partiamo dal linguaggio.

La norma biologica, quella secondo la quale abbiamo vissuto a lungo su questo pianeta (circa 250.000 anni nella nostra forma più recente) non prevede di certo che qualcuno tagli il cordone di un neonato appena nato ma, piuttosto, un parto attivo, in posizioni verticali, in cui la madre, o qualcuno di aiuto,  una volta espulsa la placenta può, con tempi più o meno lunghi, separarla dal neonato e poi usarla probabilmente per scopi di tipo rituale o cibarsene.

Se la norma biologica è questa, la condizione normale di un neonato è quella di ricevere indietro tutto il sangue contenuto nella placenta durante il suo viaggio finale nel canale del parto, quello che fisiologicamente ogni neonato custodisce nella sua placenta perché gli venga donato ben ossigenato appena fuori dal corpo della madre, in modo da poter riempire i polmoni ed effettuare la transizione alla circolazione e respirazione non più da feto ma da neonato.

Dire che il cosiddetto clampaggio ritardato del cordone (Delayed Cord Clamping - DCC) comporta vantaggi per il neonato, presuppone però che tagliare subito il cordone sia la norma quando è esattamente il contrario.

Per aiutarci a ricordare quale sia la norma biologica (quella che mantiene la salute) sarebbe molto importante un cambio di linguaggio che ci facesse capire cosa comporta il venir meno della fisiologia con interventi dannosi come il clampaggio immediato (Immediate Cord Clamping - ICC).

Ad oggi possiamo serenamente affermare che è il clampaggio immediato del cordone ombelicale che comporta: ipovolemia del neonato che perde di fatto quasi il 50% del suo sangue, maggior rischio di anemia neonatale, un maggior rischio di dover rianimare il neonato, maggior rischio di emorragia materna, maggior rischio di difficoltà di adattamento alla vita extrauterina, e che sono i bambini a cui è stato clampato troppo presto il cordone quelli che hanno un sangue meno denso di quanto sarebbe la norma biologica.

E’ in questi termini che dobbiamo cominciare a riferirci a questo tema, in modo che cambi dentro noi tutti la consapevolezza di quanto sia semplice e importante, anche, e soprattutto in questo caso, esercitare il primo comandamento della medicina: primum non nocere.

E ora cambiamo il paradigma.

Ha senso continuare a spendere tempo e risorse per degli studi clinici che spostano di pochi minuti il tempo di clampaggio del cordone quando la fisiologia del parto è evidente nella sua efficacia e bellezza?

Ho avuto la splendida opportunità di assistere a centinaia di parti fisiologici e notare di persona il meccanismo raffinato dell’adattamento della diade madre bambino nel post partum.

Quando il bambino nasce e nessuno tocca il cordone che lo lega ancora saldamente a quella parte di sé stesso che è la placenta (fatta di DNA fetale), resta qualche attimo tra le gambe della madre che quando è pronta lo accoglie sul suo addome. Nei primissimi minuti avviene il grosso della trasfusione placentare, cioè il neonato riceve il sangue ben ossigenato di cui ha bisogno per riempire i polmoni prima di poter effettuare il suo primo respiro e cambiare per sempre la sua circolazione cardiaca. Il cordone quindi sembra presto più svuotato ma l’attività e lo scambio con la sua placenta sono ancora ben attivi fin quando la placenta inizia ad esaurire questa forma di sostegno al primo adattamento neonatale e comincia a staccarsi dall’utero della madre. Ci sono bambini che completano questa transizione in pochi minuti, ad altri ne servono molti di più.

Quando il neonato è pronto ad affrontare la vita extrauterina in completa autonomia, comincia anche a cercare il seno con dei movimenti di arrampicamento e ricerca (breast crawl) e provoca il rilascio di un picco di ossitocina nella madre, contrazioni uterine più potenti e completo distacco della placenta che ora può nascere a sua volta. E’ un meccanismo affascinante e complesso, facilmente disturbabile. Ho assistito personalmente ad una nascita in cui il cordone ha pulsato attivamente per 65 minuti, quindi è impossibile predire di quanto tempo avrà bisogno un bambino ed è impossibile standardizzare i tempi.

Ecco perché i momenti successivi alla nascita, le prime due ore in particolare, sono di vitale importanza sia per la madre che per il neonato. E’ un meccanismo perfetto che, se non disturbato, protegge la madre da emorragie e il neonato da ipotermia e distress respiratorio. Come dice il pediatra visionario Massimo Alosi, che da anni si batte per il diritto di ogni neonato a “nascere con la placenta”, separare il neonato dalla sua placenta in questa fase corrisponde ad amputarlo di un organo vitale.

Durante la missione in Kenya di quest’anno, con Alosi abbiamo coniato il termine Physiological Management of the Cord (PMC), gestione fisiologica del cordone, andando oltre ai termini ormai desueti e privi di significato come DCC (taglio ritardato a 1-3 minuti) e Physiological-based cord clamping (PBCC) che al di là del nome poco ha di realmente fisiologico, dal momento che propone di tagliare non appena il bambino comincia a respirare da solo.

Sempre meglio del clampaggio a 3 minuti ma ancora lontano dal rispetto totale della fisiologia che consiste nell’aspettare che sia almeno nata la placenta prima di tagliare il cordone.

A placenta nata non c’è ancora nessuna fretta e posizionare con calma il bebè sopra o accanto alla madre con la sua placenta, magari in un piccolo contenitore coperto con della stoffa, non comporta alcun rischio e permette quello che ipotizziamo possa essere ancora uno scambio proficuo di cellule staminali e nutrienti. Ricordate il caso della neonata trovata viva sotto le macerie del terremoto in Siria al confine con la Turchia, nonostante la madre fosse purtroppo morta? Era sopravvissuta almeno due lunghi giorni, grazie anche  al fatto di essere rimasta attaccata al suo cordone.

Alcuni obiettano che ci possa essere una trasfusione dal bambino verso la placenta se questa viene lasciata attaccata al neonato per più di pochi minuti o dopo la nascita della placenta stessa. Al di là della pubblicazione di un caso clinico isolato che probabilmente è da ricondurre ad un raro collasso neonatale, la mia pratica clinica estesa nel tempo e anche quella di moltissime colleghe nel mondo conferma che il PMC è assolutamente sicuro.

Altri obiettano che DCC, PBCC e il PMC possano andare bene solo  nei parti fisiologici ma è proprio quando il parto si complica che una buona gestione del cordone può proteggere da danni ulteriori. Anche durante un Taglio Cesareo è possibile praticare come minimo un DCC o ancora meglio il PMC; come sempre bisogna averne capito l’importanza, volerlo fare e cambiare in modo semplice la pratica clinica.

E’ molto semplice, durante il cesareo non appena estratto il neonato lo si può appoggiare sul telo tra le gambe della madre e procedere con calma al distacco manuale della placenta, il neonato e la placenta, che può essere posizionata in un contenitore sterile tipo reniforme, possono essere poi affidati all’ostetrica che, se le condizioni del bambino e della madre lo consentono, lo metterà a contatto con il viso e il torace della madre, o altrimenti lo farà visitare subito  dal/lla neonatologo/a. Anche in questo caso la placenta sarà separata dal neonato possibilmente non prima che abbia almeno iniziato a respirare spontaneamente.

Con Massimo Alosi e la collega Teresa Lin abbiamo avuto quest’anno l’opportunità di recarci in Kenya, presso la clinica di Kijanaheri, nel reparto maternità fondato dall’Associazione Maharagwe Fauzia, grazie alla abnegazione di Valentina Bonanno e della sua famiglia.

Un luogo circondato da povertà e condizioni di vita impensabili per noi occidentali, dove si sta mettendo in pratica attivamente la gestione fisiologica del cordone (PMC) e dove i risultati si vedono immediatamente e  senza spendere un euro.

Spiegare i motivi per cui è importante lasciare che ogni neonato riceva la trasfusione placentare e una gestione fisiologica del cordone (PMC) ha già portato a meno emorragie materne e meno sepsi e morti neonatali.

Cosa aspettiamo a mettere in pratica questo “intervento” semplice, a costo zero, e dagli effetti drammaticamente positivi, in ogni maternità?

Di Ivana Arena

 

Bibliografia
“Cord clamping beyond 3 minutes: Neonatal short-term outcomes and maternal postpartum hemorrhage” - Andreas Winkler MD, Manuela Isacson MD, Anna Gustafsson MD, Jenny Svedenkrans MD, PhD, Ola Andersson MD, PhD - Birth, Volume 49, Issue 4, dec. 2022
“Intact cord resuscitation versus early cord clamping in the treatment of depressed newborn infants during the first 10 minutes of birth (Nepcord III) – a randomized clinical trial” Ola Andersson, Nisha Rana, Uwe Ewald, Mats Målqvist, Gunilla Stripple, Omkar Basnet, Kalpana Subedi - Matern Health Neonatol Perinatol. 2019
“Neonatal Resuscitation: Life that Failed” George Malcolm Morley, MB ChB, FACOG
Jul 21, 2011 Contemporary Ob/Gyn